Non ci conosciamo se non di vista, niente che vada oltre “Hi” e “Bye”, a parte quella volta in cui, incrociandola nel portone, le ho chiesto scusa per le urla ripetute dei miei bambini aggiungendo un sorridente ma poco simpatico “You will get there” (Traducibile con: prima o poi toccherà anche a te)
Mi sono pentita quasi subito di quella velata minaccia. Che brutta persona sono diventata, ho pensato.
Si, ero esausta. Faceva ancora un caldo infernale, eravamo già nel terzo mese inoltrato di vacanze e giornate interminabili da riempire con attività che includono la sabbia, ero sudata, avevo 4 borse in una mano e due piccole manine intrecciate all’altra, e avevo ancora davanti un paio d’ore di battaglia prima di metterli, finalmente, a letto.
Lei usciva dal portone, col suo bel pancione, il sorriso placido, il suo abito attillato che metteva in risalto le preziose curve della gravidanza. Era profumata, truccata, calma. Una mamma to be in attesa che quella favola che da anni si raccontava e le avevano raccontato si trasformasse in realtà, quella realtà che tutte sogniamo e che invece, ragazze mie, non esiste.
Lei è stata molto carina, ha sorriso, mi ha detto che assolutamente non ha mai sentito i bambini fare rumore (grazie per la bugia, honey), li ha guardati come si guardano i cuccioli in una cesta, vedendo in loro il suo futuro, ma con una punta di pena ha guardato me come la madre che lei non sarebbe mai stata.
Intendiamoci, io ho fatto lo stesso, molte volte. Ho giudicato altre mamme, prima, ho volato con la fantasia e mi sono costruita nella mente la bambina perfetta, ho immaginato e visualizzato nel dettaglio le mie giornate da mamma, in quella nuova identità che mi avrebbe finalmente dato un posto nel mondo: Ciao, sono Valeria, sono una madre.
Cogito ergo sum. Ho un figlio, quindi esisto.
Ho fatto una lista mentale infinita di io non farò mai, o peggio, i miei figli non faranno mai… Poi sono diventata madre, ed ho pianto quando la mia bambina piangeva, ed ho pianto quando la mia bambina dormiva.
Ma incredibilmente sono sopravvissuta, e poi sono arrivate altre sfide, altri pianti, capricci dei bambini e capricci miei, e ci sono ancora dentro fino al collo, perché questa idea che “tieni duro, i primi mesi sono i più tosti”, è una cretinata.
È dura sempre. La fatica si accumula, la pazienza diminuisce, il tempo passa, loro crescono, e cosi come imparano a lavarsi e vestirsi da soli, imparano anche quali sono i loro desideri, le loro necessità, i tuoi punti deboli. È opponendosi a me che testano il loro coraggio e la loro forza, è con me che allenano la loro capacità di negoziazione e quella di accettare le sconfitte. È attraverso di me che imparano a fidarsi, ad amare e a lasciarsi amare. Io sono il campo di battaglia, sono la nave scuola, sono io che gli insegno la vita.
Non è ridicolo? Io che a quasi 40 anni piangevo più della neonata, cosi come la mia vicina piange adesso, disperata e sopraffatta dalla meravigliosa avventura della maternità.
L’ho sentita piangere, ma non l’ho ancora mai incontrata nel portone, e non ho potuto farle un sorriso, o dirle anche solo una frase di incoraggiamento. Ho pensato spesso di andare a bussare alla sua porta, portarle qualcosa da mangiare, lasciarle un biglietto, dirle che io sono qui, ma che prima ero esattamente dove è lei adesso.
Ma non lo faccio, e non lo farò, perché so perfettamente che quelle sue lacrime lei vuole tenerle nascoste, perché come tutte noi prima di lei, vuole fare bene, vuole essere perfetta, vuole essere felice, e si chiede perché non ci riesce, ora che ha tutto ciò che ha sempre desiderato.
So che quando il suo bambino piange, lei non sa perché, e si chiede come sia possibile, se le hanno detto che una madre sa sempre di cosa ha bisogno il suo bambino. So che quando lo attacca al seno e sente dolore, si chiede cosa non va in lei, e si chiede perché la sopravvivenza di quel piccolo esserino debba dipendere dal dolore di sua madre.
So che quando alle 4 del pomeriggio si rende conto di essere ancora in pigiama e di non essere riuscita nemmeno a rifare il letto, si sente diversa da tutte quelle mumfluencer che vede sui social, che hanno la piega fatta e il trucco sposa ancora prima di lasciare l’ospedale, e che sono splendide e splendenti nella foto di rito “il mio piccolo principe ha compiuto oggi 7 giorni”…
So che si sente trasparente quando parenti & co. vanno a trovarla per la visita obbligata e stanno tutti intorno al bambino, mentre lei si limita a fare il caffe e poi si siede sul divano ad intrattenere e chiacchierare quando in realtà vorrebbe solo andare a farsi una doccia calda, finge di non essere stanca morta, finge di essere felice per non sentirsi sbagliata.
Cara vicina, non leggerai mai questa pezzo che ho scritto un po’ per te e un po’ grazie a te, ma vorrei davvero che sapessi che non sei sola. O meglio, si, lo sei, come lo siamo tutte, ma che quello che provi non è sbagliato, che non devi ripeterti quanto ami il tuo bambino prima di dirti che stai male, che quella frase ma chi me l’ha fatto fare l’abbiamo pensata in tante, mentre una lacrima ci rigava la guancia, mentre tenevamo in braccio il nostro bebè così piccolo e indifeso, e così tiranno allo stesso tempo.
Passerà questo momento e ne arriveranno altri, tante altre volte ti sentirai sbagliata, stanca, sfinita, ma saranno tante anche le volte in cui sarai felice, in cui guarderai il tuo bambino dormire, o ridere, o mangiare, o giocare, e sentirai il cuore che ti esplode di gioia, ti sentirai orgogliosa, ti sentirai piena di una forza che adesso non sai di avere.
Tu sei la sua mamma, e sei fatta di abbracci, coccole, massaggini sulla pancia e anche lacrime salate che versi mentre canti la sua ninnananna. Sei tutto questo, e tutto quello che sei è quello che devi essere, non nasconderti, anzi, prendi nota, fatti selfie con lui ogni giorno, perché quando riguarderai quelle foto in cui sei uno straccio con i capelli sporchi, vedrai solo i tuoi occhi stanchi ma felici di una felicità che adesso non riesci a vedere.
Io, comunque, sono al flat 4, bussa pure quando vuoi.
Love,
Valeria
Edit: Questa mattina ho incontrato la mia vicina, io entravo in ascensore praticamente in pigiama per andare a buttare la spazzatura, lei rientrava a casa. Le ho fatto gli auguri per il bimbo e le ho chiesto come stava, lei ha detto qualcosa tipo: "Bene, grazie, è un po' faticoso ma è bellissimo..."
Allora l'ho guardata, e le ho detto quello che le volevo dire e che invece avevo scritto qui, cioè che lo so come si sente... Si è messa a piangere, io ho messo giù la busta del nero e l'ho abbracciata, nonostante non mi fossi fatta nemmeno la doccia. Ho cercato, per qualche minuto, di darle un po' di conforto e di farla sentire capita. Le ho detto di venire a bussarmi in qualsiasi momento, e spero lo faccia. Intanto oggi visto che piove, farò una torta di mele con i bambini e gliela porterò.
Anche io piangevo tutti i giorni. Uno di questi giorni però mi arrivò un messaggio di una mia amica. Mi disse che lo sapeva che stavo piangendo tutti i giorni anche se non glielo dicevo, lo sapeva perché lo aveva fatto anche lei. Mi disse che era normale, che era una merda e che andava bene così, che sarebbe passato. Quel giorno me lo ricordo perché quel messaggio mi ha fatta respirare, non mi ha fatta smettere di piangere ma mi ha fatto capire che non ero da sola. Lei ha avuto il coraggio darmi aiuto anche se io non l'avevo chiesto, perché volevo essere perfetta, perché mi vergognavo delle mie lacrime. Ancora la ringrazio per quel messaggio. Se una mia vicina mi avesse portato una torta, se mi avesse invitata a casa sua per un caffè, se mi avesse lasciato un bigliettino simpatico io sarei stata felice, forse mi sarei vergognata un po', ma sarei stata felice. Magari la tua vicina aspetta solo qualcuno di abbastanza coraggioso che superi quelle lacrime ❤️