"Puoi offrirmi un caffè".
Come in Italia la cultura si sia svalutata cosi tanto da dover chiedere la carità.
C’è una cosa che mi infastidisce nel mondo della moderna cultura italiana, perché è cosi che voglio chiamare la creazione di contenuto che abbia un minimo di, appunto, contenuto.
Parola dal significato vasto, soprattutto in tempo di social: ormai qualsiasi cosa è diventata Content, dalla recensione del contorno occhi alla shopping Haul, dalla ricetta del frullato Healthy al reportage della vacanza extra lusso dell’influencer di turno…insomma, pillole di consumismo che inghiottiamo ogni volta che apriamo i social. Ma per fortuna c’è in giro anche un altro tipo di contenuto, uno che di solito è frutto di una conoscenza che vuole essere divulgata: c’è chi parla di libri, chi di finanza, chi di salute, chi di educazione, etc… contenuto fatto da persone che in qualche modo sono esperte di qualcosa, o che semplicemente, usano il proprio cervello per rielaborare informazioni, condividere pensieri, punti di vista, riflessioni.
Grazie ad internet, prima con i blog e con i social subito dopo, si è democratizzata la diffusione di un certo tipo di cultura che prima era proprietà privata dei giornalisti, e che poi si è aperta a chiunque avesse qualcosa di interessante da dire. Il famoso Contenuto di Valore, cosi lo chiamano gli addetti ai lavori.
Ora, per il pubblico, soprattutto per noi della GENERAZIONE X, l’idea dominante è quella per cui tutto cio che è online deve essere gratuito. Siamo quelli che per connettersi ad internet dovevano staccare il telefono, siamo quelli che usavano Google quando ancora non esisteva nemmeno Google Immagini, quelli che hanno letto i primi giornali online gratuitamente, perché i giornali stessi non avevano capito che l’internet li avrebbe fagocitati.
Quindi ecco che in una baraonda iniziale in cui tutti si sono affannati per ESSERE ONLINE, in cui milioni di blog hanno diffuso una quantità incredibile di informazioni, nessuno ha pensato al fatto che tutto questo contenuto gratuito avrebbe viziato il pubblico, e qui entrano in gioco i social.
Piattaforme come Instagram, YouTube e TiKTok si basano sulla creazione e il consumo di contenuto, funzioni entrambe svolte dagli utenti. Miliardi di persone utilizzano i social solo come fruitori, ma ci sono centinaia di migliaia di creatori, ed ogni creatore è anche un avido consumatore. La piattaforma non fa nulla oltre a diffondere questi contenuti e trarne profitto, di solito in base ad algoritmi che le consentono di decidere chi, quando e quanto mostrare al pubblico, ed i creatori vengono pagati dalla pubblicità, sponsorizzando la crema, il the, la borsa, l’hotel, etc…
Insieme a questo tipo di creatori, più o meno apertamente sudditi delle #AD, ce ne sono anche tantissimi altri che non sponsorizzano cose, ma diffondono cultura ed informazione, e sui social devono farlo gratis. Certo ci sono dei modi “alternativi” per guadagnare, come i link affiliati, dai quali loro prendono una piccolissima percentuale, il numero di visualizzazioni quando si tratta di YouTube, e poco altro. Ma la creazione di contenuto culturale è comunque un lavoro, è qualcosa che necessita tempo e concentrazione, e loro devono farlo gratis per continuare ad avere un’audience, sperando che ci siano abbastanza click su quei link. Ed è per questo che spessissimo, quasi sempre, gli articoli che leggo o i video che guardo finiscono con questa frase:
“Se vuoi supportare il mio lavoro, seguimi, metti like e se vuoi, PUOI OFFRIRMI UN CAFFE’”
No dico… che??? Ho sentito bene? Offrirmi un caffè??? Vivo all’estero da un po’ ma non sapevo che l’Italia fosse passata dall’Euro al caffè, ammazza che grande patriottismo! E quindi come si usa, l’affitto si paga in litri? E le bollette idem o quelle vanno a chicchi? Poi fatemi sapere che se mai torno mi organizzo…
Ora, io capisco la difficoltà di queste persone nel dover chiedere di essere pagate per il proprio lavoro, quando spesso quel lavoro è nato come un hobby, capisco che la cultura non può avere a che fare con il Vil Denaro, capisco che questo meccanismo sia lo specchio di un’Italia in cui è ancora imperante il concetto per cui chi ha un lavoro deve accendere un cero alla madonna e poi può solo abbassare la testa e ringraziare chi generosamente gli butta qualche briciola in cambio di un lavoro spesso molto qualificato, ma anche precario e senza nemmeno più i diritti di base, come il TFR o le ferie, per esempio…(Ahh quante rinunce al TFR ho firmato io, nello stesso momento in cui firmavo contratti di lavoro, che puntualmente terminavano il 22 Dicembre per riprendere il 3 Gennaio… Ahhh Italia, che dolore!!)
Io mi rendo conto che siamo in un buco nero, ma questa cosa non può continuare, il lavoro si paga mannaggia, qualunque esso sia, anche se in Italia abbiamo questa simpatica tendenza a non voler pagare il lavoro intellettuale. Se sei un grafico ti fanno fare 27 prove PRIMA di darti il lavoro, e te lo danno solo se una delle tue proposte è piaciuta, idem se sei un architetto, PRIMA mi porti 4/5 idee di progetto, poi caso mai ti pago, e cosi per ogni tipo di lavoro creativo, tu lavora prima, io ti pago poi. FORSE. E se si parla di cultura ancora peggio, tu dammi il contenuto, e ringrazia il cielo che ti metto un like.
Bene, io trovo questa cosa a dir poco umiliante. “Offrimi un caffè” è a metà strada tra chiedere la carità e un “Tieni bello di nonna vatti a prendere un gelato”.
No dico, stiamo scherzando? Stiamo parlando di persone che studiano, si informano, elaborano un pensiero e si prendono il tempo per scriverlo o per farne un video, e nessuno pensa che questo è comunque un prodotto e va pagato? A chi verrebbe in mente di andare in edicola, leggere il giornale e poi rimetterlo a posto, grazie e arrivederci? Ecco, è proprio quello che facciamo quando consumiamo contenuto culturale online, che sia l’oroscopo, la recensione di un libro, un podcast di news o un video di storia medievale.
Io leggo molto in inglese, soprattutto da quando uso Substack, la piattaforma dalla quale mando questa mail, e credetemi se vi dico che quasi tutti i creatori, o meglio, gli scrittori in lingua inglese che scrivono qui, si fanno, giustamente, pagare, non chiedono se per favore qualcuno può offrire loro un caffè, o un kg di farina. All’inizio mi è sembrato strano, ma poi ho capito che era un diritto sacrosanto, ed un modo per avere un contenuto davvero indipendente, in questo periodo di nepotismi e sudditanze. Molti di questi creatori hanno passato anni a costruire la loro community sui social, lavorando di fatto per i social e non essendo “proprietari" ne dei propri followers ne dei propri contenuti, e nemmeno in grado di controllarne la diffusione; altri sono giornalisti, intellettuali e scrittori che invece di farsi pagare e censurare da un editore, scrivono qui liberamente, è un pò come lo shopping online, li si bypassa il passaggio del negozio, qui gli editori o i social.
Ma ci sono anche centinaia di migliaia di persone normali, come me, che usano questo spazio per esprimere il loro punto di vista sul mondo, tutte persone che hanno iniziato da zero e che sono cresciute insieme a questo nuovo concetto di newsletter indipendente e di creazione e di una community non più basata sul consumismo rapido di immagini e false necessità, ma sul confronto e sulla condivisione di cultura. La domanda, purtroppo è sempre la stessa:
“Perche l’Italia è sempre indietro di anni? Perché siamo passati da essere un popolo di mecenati a uno di primati?”
È un peccato sprecare la ricchezza intellettuale del nostro paese, sapere che c’è meno ricompensa per chi pensa di quanta ce ne sia per chi si fa i selfie allo specchio o ci fa vedere cosa ha comprato oggi. È un peccato che chi diffonde cultura debba chiedere che gli venga offerto un caffè, mentre chi si spoglia su Only Fans possa mettere un prezzo ad ogni pezzo del proprio corpo, senza alcuna remora. È un peccato che i giovani e i meno giovani italiani debbano preferire l’esibizione del corpo all’esibizione della mente, ed è molto triste che un paio di tette o di bicipiti valgano più di un cervello che funziona.
È da un bel po’ di anni che è dura essere giovane in Italia, e sarà dura, da madre, spiegare ai miei figli che se usano il cervello verranno pagati molto meno di quanto verrebbero pagati se usassero il corpo, però certo, avrebbero un sacco di caffè pagati al bar, vuoi mettere?
Ce la faremo, dice...
Love,
Valeria